Onorevoli Colleghi! - L'archeologia subacquea italiana, nonostante i precedenti del recupero delle navi di Nemi negli anni venti del secolo passato e l'attività pionieristica del professor Nino Lamboglia, fondatore del Centro sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga in Liguria, non ha visto quello sviluppo istituzionale che pure questi importanti inizi lasciavano preconizzare.
      La posizione di leadership a livello internazionale, guadagnata sul campo nella prima parte del 1900, segnava il passo a decorrere dagli anni settanta; in poco tempo l'Italia perdeva la propria posizione di prestigio fino a precipitare all'ultimo posto in materia di archeologia subacquea a onta di un patrimonio eccezionale.
      Il testo unico di cui al decreto legislativo n. 490 del 1999, successivamente abrogato dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che ha accorpato la normativa vigente in materia, non nominano neanche l'«archeologia subacquea»: tale vuoto normativo è indice di una grave lacuna culturale prima ancora che legislativa.
      Tutti i Paesi industrializzati del mondo e una parte dei Paesi emergenti si sono dotati nel frattempo di istituzioni nazionali che promuovono, coordinano e attuano specifici programmi di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico subacqueo. In Italia, la sola Regione siciliana, autonoma per il comparto dei beni culturali, ha istituito una propria soprintendenza del mare con competenze che vanno dall'archeologia alla biologia, dall'etnologia alla tutela ambientale.

 

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      Un primo importante passo in avanti fu fatto ad opera dell'allora direttore generale professor Francesco Sisinni, che istituì, in parte con decreto proprio, in parte con decreto ministeriale, prima il Servizio tecnico per l'archeologia subacquea (STAS) e poi i centri di archeologia lacustre (a Sirmione, lago di Garda) e di archeologia lagunare (a Venezia, presso la soprintendenza per i beni archeologici del Veneto). Sebbene tali «istituti» dipendessero direttamente dalla sua persona, il professor Sisinni fece l'errore di non rendere tali realtà definitive nel panorama ministeriale. II risultato fu l'abbandono quasi totale di questi centri con l'accantonamento del direttore generale Sisinni. Lo STAS è stato riportato in auge dal 2002 con il Progetto Archeomar, ma senza personale qualificato adeguato e senza alcun potere di intervento. In altre parole, a tutt'oggi manca in Italia un'istituzione di riferimento in materia di archeologia subacquea: ogni soprintendenza vi provvede in base alla presenza o meno di qualche archeologo direttamente interessato (che sia subacqueo o no), costituendo un unicum in senso negativo nel panorama mondiale.
      Scartata l'ipotesi di realizzare un centro o un nucleo di archeologia subacquea per ognuna delle soprintendenze competenti per i beni archeologici presenti sul territorio, a causa dell'elevato costo e dell'impossibilità logistica di organizzare centri sempre operativi con personale ad hoc, prevale anche in Italia l'opinione che il comparto «archeologia subacquea» debba essere organizzato, come all'estero, in più centri sovraregionali con un coordinamento centrale alle dipendenze dirette di un capo dipartimento.
      L'organizzazione del comparto «archeologia subacquea» all'interno del Ministero per i beni e le attività culturali, stabilita dalla presente proposta di legge, prevede:

          1) una sede centrale equiparata a un istituto centrale come l'Istituto centrale per il restauro: si tratta dell'Istituto centrale per l'archeologia subacquea (ICAS), dipendente dal Dipartimento per la ricerca, l'innovazione e l'organizzazione (è il Dipartimento che più corrisponde alle caratteristiche tecniche proprie dell'archeologia subacquea);

          2) tre sedi sovraregionali denominate soprintendenze per l'archeologia subacquea che dipendono dall'ICAS, preposto al loro coordinamento. Le tre nuove soprintendenze hanno caratteristiche uguali a quelle delle normali soprintendenze competenti per i beni archeologici: autonomia di gestione (nei confronti delle altre soprintendenze), finanziamenti propri, personale tecnico-scientifico proprio, territorio di competenza chiaramente definito.

      Esistono problematiche che con un'apposita regolamentazione possono essere risolte e che vengono assegnate alla competenza delle nuove soprintendenze:

          a) la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dei beni paleontologici, archeologici e storici che si sono conservati sotto acqua (mare, laguna, fiume, lago, ambienti ipogei naturali e artificiali, nonché acquitrini, stagni, torbiere con elevato tasso di umidità);

          b) la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del beni culturali anche di epoca post-classica, fino all'attualità, purché sia loro riconosciuto l'interesse culturale nazionale. Rientrano in questa categoria in modo specifico i relitti della I e della II guerra mondiale sia italiani sia di altri Paesi;

          c) la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dei patrimonio culturale galleggiante in quanto direttamente connesso per continuità di studi (tecnologie) e di conservazione (restauro) con quello non più funzionante. Rientrano in questa categoria tutte le navi e le imbarcazioni galleggianti anche tuttora in attività: navigli da pesca, traghetti, piroscafi lacustri, vele storiche da regata eccetera;

          d) la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico-archeologico rinvenuto in scavi a terra anche in aree non sommerse o di scarsa umidità;

 

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          e) la conservazione del patrimonio da restaurare o già restaurato attraverso la gestione di una rete programmata di laboratori di restauro, dislocati sull'intero territorio nazionale, in parte già in via di realizzazione: 1) laboratorio umido per il restauro archeologico di Venezia-arsenale (in corso di realizzazione); 2) laboratorio per il restauro del legno bagnato di Pisa San Rossore (finanziato); 3) laboratorio per il restauro del legno bagnato di Napoli (in programmazione).

      La presente proposta di legge è composta dai seguenti articoli: l'articolo 1, che istituisce il comparto «archeologia subacquea» presso il Ministero per i beni e le attività culturali; l'articolo 2, che stabilisce l'organizzazione del comparto; l'articolo 3, che reca l'organizzazione dell'ICAS; l'articolo 4, che reca l'istituzione dei laboratori per il restauro; l'articolo 5, che istituisce i sistemi museali nazionali di archeologia subacquea; l'articolo 6, che reca la copertura finanziaria.

 

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